La storia di Nocera da un altro punto di vista: Francesco Belsito, archeologo, scrittore e cittadino

La storia del luogo in cui si vive genera sempre una certa curiosità nella mente del cittadino attento. Del resto conoscere la storia serve a capire il passato e comprendere alcuni atteggiamenti, anche di tutti i

giorni, che sembrano altrimenti inspiegabili. In questo modo dovrebbe diventare possibile evitare errori, incomprensioni, rivalità e sbagli che si portano avanti da secoli. Ignorare la storia, o strumentalizzarla, genera solo ulteriore ignoranza, a discapito dei cittadini stessi”: incipit del libro Storia di Nocera, di Francesco Belsito. Parole che condensano la spinta ideologica dell’autore: cultura, storia, tradizione ed educazione del cittadino legato al proprio territorio. Un giovane che sintetizza questi aspetti rappresenta il giusto punto di congiunzione tra passato, presente e futuro in un’ottica di costruzione sulle macerie non solo archeologiche, ma umane dei nostri tempi.  

  • Belsito, può spiegarci come mai anche la sua penna ha scelto di tratteggiare la cartina storica di Nocera?

<<Come ho scritto nell’introduzione al volume, tutto è nato dalla curiosità. Fin da piccolo ho avuto la passione di conoscere e approfondire la storia della mia città. Crescendo ho indirizzato i miei studi verso l’archeologia. Acquisiti certi “strumenti storici” ho deciso utilizzarli in e per questo libro che narra la storia di Nocera dalle “pre-origini” ai giorni nostri>>.

  • Il libro presenta novità tali da creare quel giusto distinguo nel mare magnum di trattati sulla storia nocerina?

<< Di libri sulla storia di Nocera ce ne sono tantissimi. Decine di saggi sui singoli monumenti, sulla storia della Diocesi, sui personaggi, sulle famiglie. Diciamo che questo libro è un po’ una sintesi di tutto questo. Allo stesso tempo rappresenta un piccolo aggiornamento rispetto alle pubblicazioni precedenti e, soprattutto, raccoglie le leggende nocerine, una novità nell’ambito della letteratura storica delle due Nocera. È scritto, inoltre, in un linguaggio semplice e snello ed è ricco di aneddoti. Penso che sia più piacevole leggere una storia così, piuttosto, che un susseguirsi di date>>.

  • Esiste una partizione tra la micro storia che integrata alla macro può esser considerata come un supporto a una consapevole conoscenza delle radici “italiche”?

<< Non farei tanta differenza tra micro e macro storia. La storia è una. È più facile raccontare quella delle persone note, appunto perché ce lo consentono i documenti. Ma una ricerca attenta può permettere di ricostruire la storia di tutti i giorni. Obietterei anche sulla seconda parte della domanda. La storia ci insegna che tutto abbiamo, tranne che radici “italiche”. Dalle nostre parti sono passati Greci, barbari, Longobardi, Bizantini, Normanni, Arabi, Angioini, Aragonesi, Spagnoli, Francesi… Le esperienze quotidiane sono un mix di esperienze diverse. Gli stessi atteggiamenti di tutti i giorni (come il dialetto e i gesti delle mani) sono il risultato di secoli di trasformazioni e commistioni. L’esperienza si arricchisce con la conoscenza>>.

  • Per la diffusione dell’opera ha dato priorità alle scuole. E’ latente il fine pedagogico?

<< La conoscenza genera rispetto. Un ragazzo educato alla consapevolezza del territorio può essere più stimolato alla salvaguardia del suo patrimonio rispetto a chi ignora la storia della sua città e dei suoi monumenti. È importante diffondere un’opera come questa nelle scuole in modo da formare, o solo informare, la comunità sulle eredità dei nostri avi (che sono più nobili di quanto non si pensi di solito)>>.

 

  • Lei è un archeologo, che vive in una realtà pullulante di ricchezze artistiche  paradossalmente sottovalutate, lasciate, addirittura, alla loro distruzione. La cronaca è triste ed inerme testimone di questi disastri, quasi, irrimediabili.

Come considera, quindi,  il suo scritto: piccolo escamotage personale per uscire dallo stallo circostante anche solo attraverso la lettura di un altro punto di vista o è un accodarsi a chi persiste nel credere alle potenzialità che il Nostro Paesaggio culturale ci dona incondizionatamente?

<< Il territorio merita rispetto, a prescindere. Qualsiasi iniziativa volta alla sua riscoperta è bene accetta. Devo anche dire che Nocera, da questo punto di vista, è attiva. Il merito è di tanti appassionati che indirizzano i cittadini al rispetto delle aree verdi, al patrimonio artistico e alle (poche) tradizioni che rimangono. Certo, si può sempre fare di più. Ma non si parte da zero. L’optimum sarà raggiunto quando tutta la popolazione sarà consapevole della città in cui vive (è utopismo). Bisogna credere nelle potenzialità del territorio. Certo, città come le due Nocera non possono ambire a un turismo di massa, ma, con la giusta valorizzazione, possono attrarre appassionati di archeologia, di storia dell’arte e dell’architettura. Lo dimostrano giornate come Monumenti Porte Aperte, che ogni anno portano in città curiosi da tutta la regione>>.

  • Le Istituzioni, quale chiave di volta per la diffusione del sapere locale, come si pongono nei confronti dei cultori di questa branca? Sono solite, anche in questo campo, anteporre la crisi economica a tutto quello che pur in forma singola costituirebbe un favorevole miglioramento?

<< Tra bilanci in rosso ed emergenze sociali gli amministratori locali hanno altro a cui pensare. Bisogna essere realisti e ritagliarsi il proprio spazio di nicchia. A onor del vero la collaborazione non manca mai, l’importante è che non sia economica. Penso che sia fondamentale che le amministrazioni facciano la loro parte istituzionale, salvaguardando il patrimonio con i mezzi a loro disposizione: evitando abbattimenti e promuovendo il recupero. Rispetto al passato si sono fatti molti passi in avanti. Pian piano si potrà arrivare alla fruizione del patrimonio. Del resto, oltre che di economia, è una questione di volontà>>.

Maria Rosaria Cardenuto

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